Hey, no, non sono stata risucchiata da nessun buco nero.
Ho preso tempo, ho perso tempo.
Giornate d’ansia pre-esame, serate umide di birra illuminate da fiamme di accendini stranamente funzionanti.
Ho dormito sotto coperte alte, scoperto posti che non conoscevo, fuori e dentro di me.
Ho iniziato a scrivere in un periodo particolare della mia vita; ho iniziato a scrivere con i polsi tremanti, scrivevo per paura, scrivevo per rabbia, scrivevo perché le parole mangiavano l’anima e dovevo liberalmente al più presto. Scrivevo per ciò che non riuscivo a dire.
Ad oggi, la paura tace.
Compagna di giornate interminabili, voce pressante nelle orecchie, peso sulle spalle.
Ad oggi, non ti sento, non ti trovo.
Probabilmente perché ho smesso di cercarti tra le crepe dei muri che io stessa ho innalzato. Probabilmente perché non sei più protagonista dei miei sogni, che poi erano incubi dorati, che poi erano mostri travestiti da sogni di gloria. Sogni di perfezioni irraggiungibili.
Ad oggi, sono un po’ più contenta della mia imperfezione.
Non mi ci sento più scomoda, non è più il sassolino nella scarpa, il boccone amaro, la nota stridula che rovina la melodia, la nuvola grigia che oscura il cielo quando alla mattina esco di casa.
Ad oggi sguazzo in ciò che non posso né voglio comprendere, in ciò che non posso raggiungere, sfiorare, cogliere.
Ad oggi l’oscurità in cui prima barcollavo culla le paure del passato, rendendole certezze del presente. Rendendole il coraggio delle piccole vittorie, la sfacciataggine giusta per l’età che ho, la voglia di fare, cambiare, rivoluzionare.
Ad oggi è un buon giorno.
Ad oggi “buongiorno.”

